LA DANZA DEL TANGO ARGENTINO

LA DANZA DEL TANGO ARGENTINO

Il tango è un’ ansiosa ricerca di libertà come scrisse Dinzel. Si cerca di normarlo. Ma è come l’acqua. La si argina da un parte ed esonda dall’altra. Perché è essenziale che l’energia scorra…

Qualcuno, per dimostrare che il tango è anche comunicazione di coppia, ha danzato con gli occhi bendati, qualche dama preferisce ballare ad occhi chiusi. In realtà è possibile guardare nel vuoto senza vedere, tecnica molto in uso nel danzare sul palco.

Non a caso vi sono corsi per ipovedenti e non vedenti. E questa sperimentazione dovrebbe diventare una prassi, così come per molti altri generi di patologie. Sono noti i risultati positivi sui parkinsoniani.

Quando si ha  qualcuno di fronte che desidera avvicinarsi al tango argentino o perfezionare qualche azione, si dovrebbe immediatamente attivare il senso di forte responsabilità nei confronti del suo benessere, delle sue articolazioni, del suo stato d’animo. Generalmente la prima attenzione è rivolta verso la necessità di rilassare i muscoli e di sostenerli, invitando a sviluppare movimenti naturali e consapevoli. Ne parleremo nei prossimi scritti, approfondendo il metodo OttoA.

Ma come salvaguardare la professionalità di chi si è impegnato nella didattica?

Purtroppo l’insegnamento, tra arte, sport, trasmissione diretta del tango secondo antica tradizione, non si norma univocamente e, se anche si riuscisse a normarlo, si troverebbe presto il modo per eludere la norma stessa. Si auspica pertanto che l’eccesso dei fenomeni palesi a chi conosce il mondo del tango rientri in qualche modo… Troppe concause. Il prestigio? La lotta alla sopravvivenza? Il circolo virtuoso/vizioso Milonga/recupero allievi/socializzazione/Milonga fanno il loro gioco.

Siamo cresciuti nelle esperienze senza propaganda o quasi. Deontologia autentica, forse recentemente normata in modo diverso, vorrebbe che un professionista non propagandi se stesso. Ora i sistemi di comunicazione hanno di fatto stravolto ogni regola.

Al di là di ciò, che potrebbe essere anche fatto marginale, resta il problema della disinvoltura con cui si insegna e i danni imperdonabili che si possono fare sul fisico altrui ( pazienza sul proprio…). Non ci si riferisce ai Maestri in qualche modo riconosciuti tali.

Il problema è che l’allievo medio impiega circa un anno per valutare l’insegnante e se non lo persuade deve essere molto motivato ad abbandonare gli amici di corso per seguire opportunità diverse.

Altro fatto che rispecchia la celerità con cui siamo abituati a convivere è che occorre recuperare il concetto di ‘slow’ anche nell’apprendimento del tango e di ogni azione di esso. Quando si chiedono quante lezioni occorrono per ballare, già iniziano con atteggiamento poco promettente. Certo è che con tre passi si balla il tango; ma il come, la sensibilità verso il partner e altri presenti in sala, la musicalità, le infinite combinazioni, ecc. rendono il percorso quasi senza fine. A che punto del percorso si desidera collocarsi? I ‘grandi’ provano molte ore al giorno per mascherare i propri difetti…

E curioso come in Milonga possa accadere di veder dame ballar peggio dei cavalieri. Ad esse  vorremmo dire di migliorare la tecnica per gestire meglio quanto l’uomo propone…

Una sera, negli anni ’90, portammo un amico allo storico Caffè Procope, considerato a Torino il tempio del tango. Egli  chiese se era uno spettacolo. Risposta: no! Stanno ballando!

Ora si è persa l’armonia di gruppo in sala, generata dal muovere tutti a tempo e all’unisono con il partner. Sarebbe sufficiente soffermarsi su questo con gli allievi, con pazienza e fermezza. Tutto si ridimensionerebbe da sé!

Al tango molti si avvicinano per curiosità, divertimento, compagnia, socializzazione: atteggiamenti comprensibili e da incoraggiare. Ma è riduttivo considerare il tango un oggetto di consumo. Occorre dunque inculcare a coloro che ad esso si avvicinano la differenza tra attività di socializzazione e attività di studio, cercando di ricondurre fenomeni riduttivi e consumistici in ambiti artistico sportivi qualificati.

Desideriamo dedicare l’immagine in evidenza ad Adrian Veredice y Alejandra Obert.

Laura Sasso

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